Tra Cactus e Substrati Ideali per le Piante: una intervista al Geologo Simone Barani

Mi piace un sacco iniziare il nuovo anno con questa intervista. Un’intervista che ci apre un mondo fatto di prodotti Bio, prodotti introvabili, prodotti rari, prodotti speciali.

Un mondo che nasce, così nascono le cose più belle, da una passione alla quale si aggiungono tecnica, competenza e voglia di capire, imparare, scoprire. Ma facciamoci raccontare dal Geologo Simone Barani la bella storia della Geosism & Nature, della quale è titolare.

Geosism & Nature in fiera con esposizione di Terricci e substrati

Ciao e grazie per il tempo dedicato. Ti vuoi presentare ai nostri lettori?

Ciao, grazie a voi per l’attenzione. Mi chiamo Simone Barani, sono un geologo libero professionista che ha deciso, alcuni anni fa, di aprire una seconda attività legata alla sua grande passione.

Colleziono cactus.  Ho iniziato a collezionare cactus 20 anni fa e nel 2010, spinto dall’esigenza di trovare terricci e substrati “particolari” utili per la coltivazione di queste particolari essenze, ho deciso di acquistare alcuni prodotti all’ingrosso. Da qui è nata la mia attività di rivendita on-line di questi materiale che ad oggi conta oltre 1600 prodotti a catalogo.

Nel visitare il vostro sito spicca immediatamente il rispetto che avete per Gaia, il nostro pianeta. Un rispetto che si rivela tramite la competenza, il know-how ed il background che mettete a disposizione per chi desidera il meglio per le proprie piante. Cosa cerca il cliente che si rivolge a voi?

Che dire, toccate un tasto molto delicato e molto importante per noi. La nostra formazione e la passione, da sempre, ci hanno spinto a guardare a tutto ciò che aveva un cuore Bio.

Per questo motivo la cura delle piante, la ricerca del giusto substrato di coltivazione e la volontà di poter ricreare al meglio le condizioni di vita per le specie vegetali ci hanno spinto a specializzarci nella vendita di prodotti “particolari”: i classici introvabili. I nostri clienti cercano proprio questo da noi!

Quello che altrove  è raro o comunque di difficile reperibilità. Per questo motivo ci siamo specializzati nei prodotti per il collezionismo di cactus, bonsai, orchidee, ecc…

Ritrovate nei vostri clienti il desiderio di coltivare rispettando l’ambiente e quindi di preferire prodotti naturali ai prodotti chimici?

La maggior parte dei nostri clienti cerca prodotti Bio, quindi di origine naturale. Tuttavia è quasi impossibile non avere prodotti chimici a catalogo, anche perché certe titolazioni non possono per leggere avere l’etichetta “Bio”.

Ciò nonostante la grande maggioranza delle nostre vendite riguarda proprio tutto ciò che si può fregiare di questo importante marchio.

In particolare vi dedicate a substrati, concimi e accessori per il collezionismo di specie botaniche rare e pregiate. Da cosa nasce questa passione per le piante rare?

Come ho accennato in precedenza, la passione per le piante rare nasce dal mio grande interesse per i cactus che coltivo ormai da anni.

Si tratta di specie che non possono essere coltivate utilizzando i classici terricci o i più comuni concimi.

I vasi stessi a volte diventano difficili da reperire. Il collezionista medio non coltiva in vaso di terracotta, non utilizza un vaso rotondo. Solitamente si utilizzano vasi quadrati e si cerca di standardizzarne la tipologia e la dimensione per ottimizzare lo spazio. A parità di spazio occupato il vaso quadrato consente alla pianta di avere maggior terreno e pertanto di poter vivere in quel contenitore per più tempo.

A parità di substrato di coltivazione un vaso di terracotta produce la formazione di un apparato radicale a “ragnatela” direttamente a contatto con le pareti del vaso che è decisamente improprio per la tipologia di pianta. Potete vedere un tipo esempio qui di seguito.

apparato radicale a ragnatela

Al contrario un vaso in plastica con il drenaggio opportuno consente al cactus di ampliare la radice a fittone.

Se poi parliamo di bonsai il tutto si complica ulteriormente e per questo motivo nasce la necessità di importare i prodotti direttamente dal Giappone o dalla Cina che negli ultimi anni sta portando avanti un grosso piano di sviluppo delle tecniche relative alla coltivazione e alla cura del bonsai.

il Geologo Simone Barani

Avete una ricca sezione dedicata alle micorrize. Che importanza rivestono nella coltivazione? E per quale genere o famiglia di piante sono più idonee? Parlando in percentuale, di quanto migliorano fioritura e crescita?

Le micorrize sono il futuro della coltivazione; saranno il prodotto che ci consentirà il definitivo abbandono degli anticrittogamici chimici e da tutti gli antiparassitari che necessariamente inquinano Gaia.

Le micorrize sono un mondo ancora molto poco conosciuto, purtroppo non è possibile rispondere a questa domanda in modo chiaro perché i nostri prodotti non sono specifici per le varie tipologie di piante, ma piuttosto servono per impedire o per curare patologie concrete.

Mi spiego meglio, è noto che esistono micorrize che sono particolarmente adatte per la simbiosi con le conifere piuttosto che con il castagno o altre tipologie di pianta; tuttavia, esistono delle associazioni di questi microorganismi che comprendono anche i batteri della rizosfera che servono per prevenire malattie fungine o addirittura per curarle. Un esempio: alcune specie di trichoderma se si instaurano all’interno dell’apparato radicale della pianta riescono completamente a debellare funghi patogeni come il pythium, il classico fungo che colpisce i pratini rendendoli gialli e arrivando poi a seccarli. Allo stesso modo, esistono particolari batteri della rizosfera che si nutrono della chitina dell’esoscheletro degli insetti andando piano piano a sanare la pianta.

Con queste parole sembrerebbe che abbia scoperto il metodo per risolvere i problemi legati alle carestie o i danni alle colture causati da insetti patogeni.

Tuttavia la grande disinformazione, ma soprattutto, i grandi interessi che ci sono dietro alla produzione dei fitofarmaci chimici impediscono la proliferazione di questi prodotti. Nemmeno il prezzo è più un problema perché i fitofarmaci risultano in gran parte più costosi delle micorrize.

Come è il coltivatore-tipo (se esiste) di Bonsai?

Il “coltivatore -tipo” non esiste. Ma esistono collezionisti e appassionati.

C’è una grossa differenza tra i due.

Il collezionista è colui che deve avere la pianta più bella, acquista piante da decine di migliaia di euro importate dal Giappone e cresciute dopo anche secoli di cure da persone che non ha mai visto né conosciuto.

L’appassionato cresce la sua pianta da 0, sperimenta il substrato giusto, il concime migliore. A volte perde anche la pianta con la consapevolezza che quello che ha imparato gli permette di coltivarne altre 10 in modo migliore e con risultati da lui stesso ricercati e sperimentati.

Il mondo del bonsai è un mondo molto strano, affascinante, ma estremamente complesso.

E’ difficile coltivare un Bonsai?

Non c’è spazio per il pressapochismo: la stessa quercia che, in natura, dopo 200 anni, diventa alta 15 metri e produce un tronco di oltre 1 metro di diametro, in coltivazione su vaso bonsai è alta 1 metro e ha un nebari di 30 cm.

La pianta è la medesima, ma in pochi centimetri quadrati di vaso il suo coltivatore deve avergli dato tutto quelle che normalmente troverebbe in 100 metri quadrati di terreno. Questo modo di coltivare è frutto di un metodo, di anni di studio e di tentativi.

Si tratta senza dubbio di un percorso molto complesso dove non si arriva mai alla conoscenza completa delle tecniche ma dove si cresce e si migliora sempre.

I più grandi maestri bonsaisti giapponesi affermano che il bonsai perfetto non esiste. Il concetto di perfezione per loro non è il prodotto di un lavoro artificiale fatto dall’uomo ma è il lavoro della natura.

Solo la natura può raggiungere la perfezione, l’uomo può solo cercare di imitarla. Il bonsai di fatto è una miniaturizzazione di ciò che la natura può fare a grande scala.

Bonsai di Pino thumbergiiì

Cosa consigliereste a chi vorrebbe cimentarsi per la prima volta nella coltivazione di un bonsai?

Il consiglio più grande è quello di raggiungere prima di tutto la giusta consapevolezza. Chi vuole iniziare questo percorso deve sapere che incomincia studiare un’arte che non padroneggerà mai totalmente.

Un filosofo del secolo scorso, Maurice Merleau-Ponty, scrisse che è “arte ogni atto di rifondazione del linguaggio e dei paradigmi assestati”.

Sulla base di questa frase è facile comprendere che c’è sempre qualcosa da imparare anche dopo tanti anni di coltivazione.

Tanto studio, tanto lavoro, ma anche tante soddisfazioni quando si incominceranno a vedere i risultati di anni di apprendimento. Sicuramente è utile incominciare seguendo qualche corso, ci sono diverse scuole in Italia, tuttavia credo che la seconda parte del cammino di un bonsaista sia totalmente personale.

E come è il coltivatore-tipo (se esiste) di Piante Carnivore?

Coltivare un bonsai come dicevo è un’arte. Coltivare una pianta carnivora invece è qualcosa di diverso. Qui non c’è spazio per la fantasia, qui l’unico scopo è quello di ricreare in un vaso le condizioni il più possibile simili alla natura. Quindi colui che si affaccia a questo mondo cerca in tutti i modi di trovare i componenti che permettano a queste essenze di vegetare e riprodursi.

E’ difficile coltivarle?

Non è particolarmente difficile, anche se ritengo che nelle piante il concetto di “difficoltà” sia piuttosto relativo. Le carnivore sono piante che non necessitano di molte cure, le regole fondamentali sono 3:

  • torba acida di sfagno + perlite + (eventualmente vermiculite) + (eventualmente sfagno) come substrato di base;
  • acqua demineralizzata o piovana;
  • substrato costantemente umido.

In realtà c’è molto altro da dire, ma senza dubbio i punti da cui partire sono questi.

Esiste il substrato perfetto? Se si che qualità universali dovrebbe possedere?

Non esiste un substrato perfetto e tanto meno il concetto di “universale” a mio modo di vedere.

Ogni pianta ha le sue esigenze; a noi il compito di capire quali siano e di fornirle ciò che le serve per crescere.

Certamente esistono dei prodotti largamente diffusi, ma il concetto di “universale” è più associato alla parola “commerciale”, ossia chi fa il mio mestiere con un po’ meno di passione vende ciò che si trova più facilmente sul mercato e che costa meno.

Noi al contrario cerchiamo proprio tutto quello che più si allontana da questi aspetti perché solitamente è quello che più si avvicina alle esigenze delle piante.

Sponsorizzate molto l’utilizzo di minerali di origine vulcanica al posto della torba soprattutto per quel che riguarda la realizzazione e la coltivazione dell’orto. Pensate che la torba sia sopravvalutata? Se si, il coltivatore ha questa consapevolezza?

La torba non è sopravvalutata, ma fa parte di quel concetto di “commerciale” pocanzi descritto. La torba è il substrato più conosciuto e più economico. Si è sviluppata qui in Europa perché in Germania e nelle aree Baltiche abbiamo giacimenti enormi.

Nella bassa California Messicana non se ne conosce nemmeno l’esistenza, in quella zona di certo non possono esistere torbiere!

Tuttavia la torba a livello composizionale è costituita da carbonio e sostanza organica. Niente di più.

Le piante hanno bisogno anche di altri elementi che necessariamente non si trovano nella torba. I minerali vulcanici hanno tutti questi elementi. Ciò non significa che la torba sia da eliminare, ma che rappresenta solo una percentuale del substrato.

Ogni appassionato deve costruire il suo mix che dipenderà dalla latitudine in cui vive, dalla pianta che coltiva, da quanto annaffia, dall’esposizione al sole e dalla frequenza con cui concima.

Che rapporto c’è tra il cliente e le zeoliti e zeolititi? Sono diffuse e conosciute come meritano?

Le zeoliti sono una famiglia di minerali molto ampia. Sono molto poco conosciute e sono altrettanto importanti nella coltivazione. Possiedono una grande capacità di scambio cationico che permette al minerale di comportarsi come una spugna.

La zeolite immagazzina elementi nutritivi (direttamente dal substrato in cui è immersa, dalle concimazioni e dall’atmosfera) e molecole di acqua per cederli lentamente alle piante nel corso del tempo.

Le coltivazioni con zeolite sono il 30% più produttive e si annaffiano il 30% in meno. È un prodotto eccezionale che viene estratto proprio qui in Italia per la maggiore.

Quale priorità date alle qualità di un prodotto? (Biologicità, praticità di utilizzo, efficacia, resa…)

Ogni prodotto ha le sue caratteristiche ed è fondamentale per certe essenze.

Purtroppo ci sono prodotti che non sono commercializzabili perché non esistono aziende che li producono o cave che li estraggono. Questo è un grande limite che rientra sempre nel concetto di “prodotto commerciale” pocanzi descritto.

Per noi ogni prodotto ha la sua importanza. Seppur possa avere una piccolissima nicchia di mercato e quindi per un’azienda averlo a magazzino risulti “anti-economico” perché produce giacenza di capitale. Al contrario per noi rappresenta quella particolarità che ci contraddistingue.

Alcuni risultano pratici, altri sono più efficaci, altri ancora consentono una maggiore resa, tuttavia non sempre si deve puntare alla resa.

Faccio un esempio, una coltivazione biologica di mele, non punta alla resa nella produzione, ma punta ad avere una mela tutt’altro che perfetta, a volte con anche qualche segno sulla buccia, ma coltivata totalmente in modo naturale e senza anticrittogamici.

aiuola di cactus resistenti al freddo in provincia di Reggio Emilia

Quali sono gli errori più frequenti che si fanno nella coltivazione? (scelta errata di substrato, di terriccio, cattiva manutenzione, errata concimazione…)

L’errore più frequente nella coltivazione è la generalizzazione.

L’errore sta nel concetto di “universale” e nel concetto di “commerciale”. La maggior parte delle persone, non per colpa loro, utilizza ciò che trova più di frequente nei centri commerciali.

Ci sono moltissime persone che sarebbero ben fiere di poter spendere anche il doppio avendo la consapevolezza che stanno coltivando le fragole in un substrato che non ha nulla d chimico.

Il problema sta sempre nella disinformazione, questo è uno dei motivi principali per cui noi scriviamo e pubblichiamo tanti articoli che spiegano come utilizzare i nostri prodotti.

Mettiamo a confronto i prodotti “commerciali” con quelli “rari” e mostriamo le importanti differenze che si vedono utilizzando l’uno piuttosto che l’altro.

Un esempio molto semplice: io vivo a Reggio Emilia, nel mezzo della Pianura Padana costernata da nebbia, freddo e gelo nella stagione invernale, tuttavia ho costruito un’aiuola di cactus nel mio giardino. Questi cactus vivono all’aperto, estate ed inverno, non vengono mai coperti e non necessitano di nessuna cura. I cactus odiano letteralmente l’umidità, tuttavia nella mia aiuola ci sono diverse specie che sopravvivono anche sotto alla neve. Il motivo sta tutto nella ricerca del corretto substrato di piantumazione (n.d.r.: Puoi vedere l’articolo completo dell’aiuola di cactus resistente alla neve qui).

Esiste un coltivatore perfetto? Se si come dovrebbe essere?

Si, questo esiste. Ed è colui che apprezza le piccole cose, i piccoli sforzi del suo lavoro e non si fa grande dei risultati.

È colui che non si accontenta, colui che si informa e che cerca soluzioni alternative.

Moltissimi miei clienti ci hanno raggiunto e conosciuto anche se vivono a migliaia di chilometri di distanza da noi semplicemente perché hanno fatto ricerche e hanno voluto sperimentare nuove tecniche di coltivazione.

aiuola di cactus sotto la neve

Voi siete l’esempio perfetto di come passione e tecnica possano lavorare in simbiosi e dare eccellenti risultati. Nella coltivazione quanto conta la passione rispetto alla tecnica? Si possono ottenere buoni risultati avendo solo uno di questi ingredienti?

Innanzitutto grazie per il complimento. Dopo tanti anni di lavoro sentirsi dire certe cose è più gratificante di quanto potete immaginare.

Senza dubbio vince la passione.

La tecnica può anche essere sbagliata, non è un problema. Parlavamo prima delle fragole, la nostra piantina può anche non produrle il primo anno, può anche morire….ma se si ha passione, se ci si informa, se ci si chiede il perché, al secondo tentativo si produce una ciotola di fragole e al terzo di arriva alla cesta.

La passione permette di arrivare alla tecnica, la pura tecnica non porta lontano perché prima o poi verrà superata e se non si ha passione e voglia di scoprire qualcosa di nuovo si rimane alla prima tecnica utilizzata che “sembra” funzionare quando invece si può sempre scoprire che ne esiste una diversa che funziona meglio!

Mi piacerebbe fare altre cento domande a Simone, vorrei carpire tante altre preziose informazioni, tante altre curiosità, tanti altri consigli. Ma mi fermo qua, anche perché in fondo le cose più importanti me le ha dette: il coltivatore perfetto è colui che apprezza le piccole cose, che cerca di capire ed imparare e la passione è l’ingrediente fondamentale, dal quale poi arriva anche la tecnica.

Simone ne è un esempio perfetto: la realtà che ha costruito nasce dalla passione alla quale ha unito la tecnica, i suoi studi, la sua competenza.

E questo gli ha permesso di avviare la sua attività che conta oltre 1600 prodotti a catalogo e alla quale si rivolgono appassionati che vivono anche a migliaia di chilometri.

Gli ha permesso questo e gli ha permesso di fare crescere i suoi cactus sotto la neve, nel bel mezzo della Pianura Padana.

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