Quando si parla di erbe aromatiche è inevitabile parlare della Santoreggia, nome scientifico Satureja hortensis, un’erbacea annuale originaria dell’Asia occidentale e diffusa nell’Europa meridionale.
In Italia, spontanea o naturalizzata, è una specie con diffusione variabile e si trova al Nord e Centro e nella Sicilia in forme subspontanee. Nelle Alpi ha una presenza discontinua. Si può incontrare negli incolti aridi, nei muri, nei luoghi sabbiosi o ghiaiosi e comunque asciutti, preferisce le praterie rase xerofile mediterranee. La sua distribuzione altitudinale è fino a 1300 m s.l.m.
Ha un portamento cespitoso, è alta circa 30 centimetri, eccezionalmente arriva fino a 40 centimetri e forma un grazioso cespuglietto.
E’ caratterizzata da una radice a fittone e da un fusto ramificato. I rami ascendenti e quadrangolari portano foglie opposte, lanceolate, lineari, di colore verde chiaro e ricoperte da una leggera peluria. In estate, da giugno a settembre, compaiono i fiori bianchi o rosei e disposti in glomerulli all’ ascella delle foglie.
In Italia è stata introdotta anticamente e viene coltivata già dal IX secolo. La pianta, ricca di olii essenziali, vanta diverse proprietà medicinali e le foglie sono impiegate in cucina come spezia.
Classificazione botanica
La Santoreggia annua, nome scientifico Satureja hortensis, è una pianta perenne appartenente al genere Santoreggia ed alla famiglia delle Lamiaceae.
Fioritura
Questa pianta aromatica fiorisce in estate da giugno a settembre.
Consigli per la coltivazione della Santoreggia
La Santoreggia è facile da coltivare, può essere allevata all’interno degli orti e nei giardini, in pieno campo ed anche in vaso.
Sopporta molto bene i periodi di siccità, tuttavia nel corso della stagione estiva è consigliabile eseguire delle irrigazioni per poter incrementare la produzione di foglie, aspettando che il terreno si asciughi tra un’irrigazione e l’altra.
Va coltivata in terreno profondo e fertile, in posizione soleggiata. E’ rustica, resiste bene sia al gelo che al caldo intenso e raramente si ammala.
Coltivazione in vaso
La Santoreggia può essere coltivata in tutta Italia indifferentemente in vaso o in piena terra. Nella scelta del vaso si deve optare per un contenitore con un diametro minimo di 20 cm. Preferisce un terreno profondo, abbastanza fertile, drenato. Il vaso deve essere collocato in una posizione soleggiata.
Coltivazione in piena terra
La semina in piena terra è possibile quando le piantine hanno raggiunto un’altezza di circa 10-15 centimetri. Si deve prestare attenzione alle erbe infestanti, eseguendo delle scerbature manuali, mentre all’interno delle coltivazioni in pieno campo si può ricorrere alla sarchiatura tra le file.
Le distanze di impianto che devono essere mantenute tra le file sono di circa 40 centimetri, con un livello di densità che arriva a 12-16 piante al metro quadro.
Pianta da siepe
La Satureja può formare basse siepi.
Coltivazione in terrazzo
Questa pianta aromatica può crescere in vaso ed può essere tenuta su terrazzi e balconi.
Temperatura
La Santoreggia predilige i climi temperati, e non sopporta le temperature particolarmente basse.
Luce
Richiede una buona esposizione al sole ma si sviluppa facilmente anche in ombra parziale.
Terriccio
Il terreno preferito per la Santoreggia è quello sciolto, calcareo, fertile e con un buon livello di drenaggio.
Vegeta molto bene anche nei terreni poveri, ma non sopporta quelli estremamente compatti, che possono facilitare la formazione di ristagni idrici.
Annaffiatura
Questa pianta è in grado di sopravvivere piuttosto bene in condizioni di siccità, solitamente è sufficiente un’irrigazione molto abbondante ogni 2 o 3 settimane circa. Prima di procedere con le annaffiature si deve controllare che il terreno sia completamente asciutto. In inverno si può irrigare meno la pianta rispetto all’estate.
Moltiplicazione
La moltiplicazione può essere fatta per seme o per semina diretta in piena terra oppure in semenzaio. In quest’ultimo caso, durante l’inverno, i semi della pianta vanno conservati all’interno di contenitori con un substrato leggero e fertile che va inumidito e poi devono essere conservati al buio totale per consentire un’ottima fase di germinazione.
In primavera le piantine potranno essere trapiantate. Si può inoltre propagare per divisione e per talea.
La divisione si esegue nel periodo compreso tra marzo ed aprile estraendo il pane di terra e dividendo il cespo in più parti. Nella propagazione per talea i risultati migliori si ottengono con rami erbacei prelevati in primavera o semilegnosi, dopo agosto. I rami devono avere una lunghezza di circa 10 cm e vanno inseriti in una composta molto ben drenata a base di terriccio, sabbia e eventualmente perlite.
Il tutto si tiene all’ombra e si umidifica di tanto in tanto. La radicazione avviene piuttosto velocemente e potranno essere trapiantate già nell’annata successiva. Se si vuol far colonizzare un’intera area si può invece procedere per propaggine. È sufficiente incidere la superficie di uno stelo e inserirlo sotto la superficie del terreno, bloccandolo con del filo di ferro. La piantina ottenuta potrà essere staccata dalla madre e spostata in un’altra zona
Concimazione
La Santoreggia può essere concimata una volta ogni 3 o 4 mesi circa. Il concime più adatto è un fertilizzante di tipo liquido che contenga azoto e potassio e che va diluito con l’acqua di irrigazione con delle dosi leggermente inferiori a quanto riportato sulla confezione.
Potatura
La Santoreggia coltivata a scopo ornamentale e aromatico può essere contenuta con una potatura contenitiva volta ad evitare uno sviluppo eccessivo in volume e ad aiutare la pianta a ricacciare, a trovare nuova vigoria e prolungare sensibilmente la durata.
Abbinamenti con altre piante
La Santoreggia è una pianta che attira alcuni tipi di insetti, in particolare le farfalle, può quindi essere utile averla vicino a piante da frutto che necessitano di impollinatori, come ad esempio zucche e zucchine.
Pare che sia sgradita agli afidi, caratteristica che la rende una consociazione preziosa per molti ortaggi, in particolare fagioli e fagiolini.
Altri consigli per la cura
Le foglie della Santoreggia vanno raccolte nel corso della stagione estiva e durante l’autunno nel caso in cui vengano utilizzate fresche, mentre se si vogliono essiccare vanno raccolte nel periodo compreso tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, prima che avvenga la fioritura, in maniera tale che si possa ottenere il massimo contenuto dell’aroma.
Le infiorescenze vanno prelevate nel periodo compreso tra luglio ed agosto, nel corso della piena fioriture e da queste si potrà estrarre l’olio essenziale
Parassiti, malattie ed altre avversità
La Santoreggia è una pianta rustica ed è poco soggetta all’attacco da parte di insetti o parassiti.
Se la pianta è coltivata in un ambiente particolarmente umido, può essere infestata da funghi. Tra questi, il più comune è l’oidio che si manifesta con delle macchie di colore bianco farinoso che appaiono soprattutto sulle foglie e sui germogli. Inoltre, è possibile che si arresti la fotosintesi e che la pianta vada incontro a necrosi ed ingiallimento delle foglie.
Se si riscontra la presenza del mal bianco è bene procedere rapidamente con dei fungicidi appositi.
La pianta può inoltre essere rovinata da un’eccessiva irrigazione. In tal caso si può andare incontro al marciume radicale che può anche portare alla morte della pianta
Curiosità
La Santoreggia vanta molte proprietà medicinali e risulta utile in caso di verminosi, stanchezza, digestioni difficili, infiammazioni intestinali e meteorismo. In passato le venivano attribuite proprietà afrodisiache e veniva impiegata per preparare bagni insieme con rosmarino, salvia e verbena.
Proprio per le sue presunte proprietà afrodisiache nel Medioevo era vietato coltivarla nei chiostri dei monasteri. Anche Luigi XIV (il re Sole), apprezzava molto questa pianta per le sue virtù afrodisiache.
In cucina l’aroma di questa pianta, simile a quella del timo, è molto apprezzato, soprattutto abbinato a uova, legumi, verdure crude e cotte. Ha la capacità di rendere più digeribili le pietanze.
L’etimologia del genere (Satureja) è incerta. Linneo ricavò il nome da una antica parola romana la cui radice latina “satura” significa “sazio” a sottolineare le proprietà digestive dei succhi delle piante di questo genere. Un’altra etimologia farebbe derivare invece il nome da “salsa”, “intingolo” per indicare le proprietà aromatizzanti di questa pianta.
Secondo altri il nome deriverebbe da un nome latino per il “salato delle erbe”, noto agli antichi e raccomandato da Virgilio come un albero eccellente da piantare vicino agli alveari. C’è chi sostiene che il nome derivi dal termine latino Satyrus che significa satiro, in riferimento alle proprietà afrodisiache che le venivano attribuite.
Il nome specifico (hortensis) deriva dal fatto che è una pianta coltivabile nei giardini e negli orti.
Tossicità e/o uso erboristico
La Santoreggia è apprezzata sin dall’antichità anche per le sue proprietà aromatiche e officinali e, si pensava un tempo, afrodisiache.
Secondo la medicina popolare questa pianta possiede queste proprietà medicamentose: è antireumatica, antisettica, carminativa, digestiva, espettorante. L’infuso è leggermente euforizzante; stimola le funzioni fisiche e celebrali.
L’olio essenziale viene utilizzato in profumeria.
In erboristeria e naturopatia viene impiegata la tintura madre nel trattamento del meteorismo, impotenza, angina, tosse e bronchiti. Questa pianta è molto usata, per il suo aroma, in gastronomia, liquoreria e profumeria.
“Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche sono indicate a solo scopo informativo. Devono essere consigliate e prescritte dal medico.”
Linguaggio dei fiori
E’ chiamata anche pianta dell’amore per via delle sue proprietà afrodisiache.
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